Se ti offre un caffè… come leggere i segnali di innamoramento senza rimanere delusi

La nostra vita professionale è scandita, fra le altre cose, dai break canonici di un caffé o della pausa pranzo. Soprattutto nelle grandi città scegliamo dei locali vicini alla sede di lavoro dove abbiamo modo di rilassarci ma anche di scambiare quattro chiacchiere su temi leggeri e differenti da quelli di cui dobbiamo trattare per otto o più ore al giorno.

Capita così di incontrare molte persone e, a volte, può accade di incontrare “la persona”. Siamo predisposti verso la gentilezza, l’attenzione e il sorriso di chi ci accoglie e ci serve un pasto o un semplice caffé.

Giorno dopo giorno, questo rapporto simil – professionale può diventare di un altro livello, senza accorgersene, si tende a tornare spesso e più volte negli stessi locali. Perché questo accade e perché sia un principio di marketing territoriale è presto detto: il cliente rimane tale se è considerato una persona, con necessità e richieste da accontentare nel modo migliore possibile.

Succede poi che, magari il proprietario, un giorno ti offra un caffé. Succede anche che si rimanga molto colpiti da un gesto semplice e non dovuto. Se a questo si somma l’essere single, il cercare una relazione, più o meno seria, si può confondere un’attenzione di marketing con un’attenzione personale.

La gratitudine ci porta a ringraziare con un saluto pieno di enfasi che magari viene accolto e ricambiato con altrettanta audacia.

Galeotto fu quel caffé… galeotto quel sorriso…

Leggere i segnali che ci vengono inviati – più o meno direttamente – è alla base di una buona comunicazione non verbale. Se da un lato questa può farci capire le intenzioni non dichiarate e non agite è essenzialmente la variabile principale da saper leggere per non fraintendere un gesto solamente e semplicemente gentile.

In questo sistema dobbiamo poi considerare che anche chi offre il famoso caffé dovrebbe far chiarezza con se stesso. Ma qui apriamo un fronte molto più ampio, comunque dirimente rispetto alla questione, ma non necessario per affrontare l’argomento.

Come in molti casi possiamo agire, è nel partire da noi stessi, dal diventare ed essere quindi consapevoli dei messaggi non verbali che mandiamo all’esterno rispetto a bisogni, sogni e necessità a cui vorremmo rispondere. Se il nostro comportamento non risulta ambiguo molto probabilmente non cadremo in una lettura ambigua di ciò che accade intorno a noi.

Quel caffé risulterà essere solamente marketing. Gentile, onesto, sincero ma comunque un’operazione commerciale.

Se invece l’approccio continua e dopo un caffé si passa ad altro probabilmente potremo scottarci soltanto per l’eccessivo calore della tazzina e saremo pronti ad accogliere una nuova storia nella nostra vita. Ed in fondo anche sbagliare nel leggere le intenzioni potrebbe rivelarsi anche uno stimolo per abbassare le difese e far entrare nuove emozioni.

Un caffé è semplicemente un caffé, in fondo, lo stesso non si può dire – gusti di ognuno permettendo – per una coppa di champagne.

 

 

pubblicato su www.psicologionline.net

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