La trasversalità e l’emozione che viene profusa nella nostra vita “social” è ormai chiaramente di uguale intensità nella vita reale. Senza sconfinare nella patologia infatti, chi più per la profesisone chi più per svagare la mente, cura il proprio profilo virtuale con cura e attenzione.
Tutto nasce da una necessità di comunicazione, di scambio, di riconoscimento che si attiva facilmente “postando”, “mettendo un like” e “seguendo” i contenuti che più ci colpiscono e catturano la nostra attenzione. Il nuovo gergo creato dai social media è oggi di uso comune fra le diverse generazioni. A volte può mancare all’appello un’espressione o un “dialetto” ma anche gli adulti più resistenti alla fine comprendono il senso di un “piaciare una pagina” o di “condividere un tuìt”.
Questa è una parte, una premessa parziale del fenomeno. Il dito però ora è puntato su quelle persone che si esprimono in modo coerente e corretto a seconda del mezzo che usano. Formali e professionali su Linkedin, giocosi e a volte impegnati su Facebook, puntuali e categorici nei gruppi Whazzup, erotici e fantasiosi sulle chat di appuntamenti, e via così.
Qual è il reale rischio? Se sentiamo di essere troppo confidenti in uno solo di questi canali di comunicazione rischiamo di dissociare le nostre molteplici modalità di espressione. Una divisione dei valori e delle caratteristiche di personalità dell’individuo possono portare ad una schizofrenia cibernetica della persona che corre il pericolo di dimenticare una parte di sé, di anestetizzare il senso di alcune emozioni, soprattutto quelle negative, evitandole e disimparando così ad affrontarle.
Ciò che potrebbe essere quindi una risorsa, ovvero governare i vari strumenti per potenziare i vari aspetti della propria personalità, diventerebbe una ghigliottina che potrebbe eliminare le situazioni di disagio.
Incorrere in questa suddivisione di variabili porta all’alienazione, alla solitudine. Che è proprio il motore di chi, sentendosi solo, cerca online di provare nuovamente emozioni e relazioni efficaci. Questo movimento però deve essere sperimentato nella vita, carnale e sensoriale, perché non è sano trasporre se stessi sulla rete totalmente ed unicamente.
Curare la propria identità, prima di quelle possibili, immaginabili, potenziali dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni individuo. Così da poter concedere, anche alla fantasia, la possibilità di vivere nuove ed innumerevoli altre vite.
pubblicato su www.psicologionline.net