Colpa e merito sono due facce della stessa medaglia.
Tendiamo più a parlare di “colpa” e a sottolineare gli aspetti negativi degli eventi che ci accadono. Ed in particolare accade che tendiamo a dare la colpa a fattori che sono esterni a noi. Questo genera un senso di protezione e di allontanamento delle responsabilità e, in alcuni casi, può anche essere sano.
Quello che invece possiamo affrontare è una questione più complessa. Proviamo a descrivere un sistema:
Primo livello: Quando un evento accade può essere positivo o negativo.
Secondo livello: Possiamo identificare sia una colpa che un merito.
Terzo livello: Proviamo a identificare sia il nostro demerito (o merito) che quello degli altri (intesi come co-agenti nella situazione o come effetto del caso).
Ci troviamo quindi di fronte uno schema che ci permette di leggere le situazioni da più punti di vista e, soprattutto, ci può far rendere conto di quale sia il nostro stile di attribuzione di colpa e/o merito maggiormente sviluppato.
Vi sono infatti più elementi da prendere in considerazione. Come in molte prassi è sempre nella giusta applicazione di un giudizio, verso se stessi, che porta alla giusta attivazione ed eventuale modificazione di comportamenti che non risultato essere utili al raggiungimento dei nostri obiettivi.
In più, ed è questo il punto saliente, la consapevolezza del nostro stile di attribuzione, ci permette di prevenire situazioni di crisi. Se siamo soliti attribuire agli altri la responsabilità di quando le cose non vanno come vorremmo, probabilmente saremo inclini anche a dare agli altri meriti che invece non hanno, togliendo a noi stessi la giusta gratificazione per un impegno profuso.
Questo discorso vale tanto per gli adolescenti quando sono a scuola, quanto per gli adulti nei contesti organizzativi. Sono infatti le variabili contestuali che ci portano a promuovere e favorire comportamenti che viaggiano paralleli sul “senso” del contesto in cui agiamo. Se questo è svalutante e declassante probabilmente tenderemo a sviluppare modalità di attribuzione esterna. Quando invece il contesto è fertile e positivo preferiremo una modalità interna di attribuzione verso noi stessi.
Attenzione anche in questo caso al movimento mentale che ci porterebbe, in caso di totale negazione di variabili esterne (si sta così bene qui!) ad attribuire a noi stessi eventi e casualità che hanno a che fare più con il fato e la fortuna che non ad una nostra particolare attenzione ai processi.
L’esempio più calzante è quello di un disastro naturale non prevedibile.
In conclusione, determinare la colpa o il merito, ovvero la responsabilità di qualcosa che accade, scorporata la percentuale che esiste in tutte le cose di fatalità, è un lavoro che può essere condiviso con un consulente ed è alla base dell’attivazione giusta e corretta di ogni individuo.
Definito il contesto, le azioni compiute e le motivazioni che le hanno generate, si può proseguire con gli eventuali accorgimenti lungo il bellissimo percorso della propria vita.
pubblicato su www.psicologionline.net